Quando Rosetta mi ha proposto di fare la traduttrice volontaria, ho accettato perché volevo mantenermi in contatto con il Brasile e perché mi interessava coltivare la conoscenza della lingua portoghese. Anni fa, infatti, in occasione degli studi per la tesi sono rimasta molto segnata dal mio viaggio in Brasile, dalle persone incontrate, la cui testimonianza mi ha letteralmente cambiato la vita.
In seguito mi sono affezionata ai bambini descritti nelle lettere. Un bambino non riesce a parlare, un altro deve imparare a condividere i giocattoli, un altro è un po’ troppo aggressivo … ho cominciato a ricordarmi di questi bambini nelle mie preghiere, a sperare di ricevere altre lettere che parlassero di loro, per conoscere gli sviluppi.
Mi affascina lo sguardo delle educatrici. Come fanno a guardare ogni singolo bambino come se fosse l’unico? Di ognuno conoscono i punti deboli e le doti. Verso ognuno si comportano in un modo speciale. Lo stesso sguardo si estende alla famiglia: una vive in una baracca piccola e poco ventilata, un’altra ha subito il crollo durante le piogge, un’altra è in difficoltà perché il figlio più grande si droga… le educatrici fanno compagnia non solo ai bambini, ma anche alle mamme e ai papà, al punto che parecchi genitori hanno cominciato a lavorare dentro le Opere educative.
Si percepisce che la scuola ci tiene particolarmente far fare ai bambini esperienze di bellezza. Come il progetto di far conoscere ai bambini i quadri di Monet e, attraverso questi, l’amore per la bellezza dei fiori e della natura. È bello che i bambini siano rimasti colpiti dalla foto di Monet da piccolo, perché hanno capito che dentro ogni bambino è nascosto un talento e che anche loro possono fare cose grandi.
Le lettere scritte personalmente dai ragazzi, quando crescono e sono in grado di scrivere da soli, lasciano trasparire la gioia di sentirsi guardati in quel modo. Tutti sono entusiasti degli educatori. Tutti parlano dei loro sogni nel cassetto con trepidazione e orgoglio.
Soprattutto, tutti sanno di avere un valore.
Io ho una figlia che adesso ha quattordici anni. Mi è capitato spesso di desiderare di avere su di lei quello stesso sguardo educativo. Ho imparato a guardare i suoi “difetti” come segni di una difficoltà, di una sofferenza, e a cogliere i punti di forza. Nei confronti di mio marito, dei miei colleghi e amici mi è capitato più di una volta di ricordare la pazienza delle educatrici delle Opere educative Mons. Giussani.
Lo scorso agosto sono andata a Belo Horizonte ed è stata un’esperienza indescrivibile. Cercavo di riconoscere le fisionomie dei bambini descritti nelle lettere, ma era impossibile: erano troppi. Non solo le maestre avevano quella attenzione che avevo imparato a conoscere, ma anche le segretarie, le cuoche, le donne delle pulizie… tornando a casa mi è venuta la voglia di curare di più la mia casa.
Ogni volta che Daniele o Cìcera mi chiedono di tradurre nuove lettere mi costringo a tradurne il più possibile. Non lo faccio più per esercitarmi nella lingua portoghese (anche se l’esercizio è servito). Lo faccio perché mi edifica ed edifica la mia famiglia e i miei rapporti di lavoro.
E poi, così, posso essere anch’io un po’ mamma di tutti questi bambini.
Silvana Capanni
E' molto bella la tua testimonianza, e leggendola mi è venuta la voglia di ritornare a Belo. Anch'io nel lontano 1996 avevo la sensazione di essere in un posto particolare dove l'uomo sta al primo posto. Dovrebbe essere una cosa normale, ma nella nostra vita non è più lo stile quotidiano. Cinzia
ResponderExcluirCara Cinzia,
ResponderExcluirqui e´proprio cosi. L´uomo, la persona vieni prima di tutto...
Sarebbe proprio bello che tutto il mondo fosse cosi... Cmq e' possibile...
Quanto torni?
caro saluto
Fernanda